Alzheimer, da oggi puoi scoprire i primi sintomi di questa grave patologia: i segnali rivelatori
L’incubo dell’Alzheimer da oggi è un po’ meno tenebroso: arriva la ricerca che svela come diagnosticarlo prima che sia troppo tardi.
L’Alzheimer rappresenta una sfida crescente nel panorama sanitario mondiale, con la sua insidiosa avanzata nei recessi del cervello umano.
Fortunatamente, grazie agli sforzi di un team internazionale guidato dall’Università della California, a San Francisco, c’è speranza nella possibilità di individuare precocemente i segnali iniziali di questa malattia devastante.
Alcuni studi su una specifica parte del cervello hanno rivelato collegamenti con l’Alzheimer che consentono uno sguardo più nitido sui primi segni della malattia, nonché un’opportunità concreta per affrontarla in modo più mirato e approfondito.
La strada verso la cura potrebbe essere ancora lunga, ma ogni scoperta ci avvicina sempre di più alla speranza di un futuro senza Alzheimer.
Se noti questi segnali puoi frenare l’avanzata dell’Alzheimer
Lo studio, condotto su vasta scala, ha gettato luce sull’atrofia corticale posteriore (PCA), una condizione che manifesta un assortimento di sintomi legati alle capacità visive e spaziali, rivelando così un collegamento con l’Alzheimer. I dati provenienti da oltre 1.000 pazienti in 36 centri di 16 paesi hanno fornito risultati significativi: il 94% dei pazienti affetti da PCA presentava anche la malattia di Alzheimer.
Ciò che rende la PCA un campanello d’allarme cruciale è la sua manifestazione iniziale, spesso mimetizzata da problemi visivi comuni. I pazienti possono sperimentare difficoltà nel valutare le distanze, nel distinguere tra oggetti in movimento e fissi e nell’eseguire compiti visuo-spaziali di routine. La diagnosi precoce rivela un quadro di demenza lieve o moderata, con deficit che abbracciano una gamma di funzioni cognitive. La “disprassia costruttiva”, l’incapacità di copiare o costruire figure di base, e la “simultagnosia”, l’incapacità di percepire visivamente più di un oggetto alla volta, sono solo alcune delle sfide incontrate dai pazienti affetti da PCA.
Svelato un dato demografico preoccupante
Una delle scoperte più significative dello studio è stata l’età media di insorgenza dei sintomi di PCA, fissata a 59 anni, diversi anni più giovane rispetto all’Alzheimer tipico. Questo fattore aggiunge un livello di complessità alla diagnosi precoce, poiché i pazienti più giovani possono non essere inizialmente considerati a rischio. Tuttavia, l’identificazione precoce della PCA apre la strada a opzioni terapeutiche più mirate. Livelli anomali di amiloide e tau, identificati attraverso vari metodi di imaging e test del liquido cerebrospinale, potrebbero indicare la possibilità di trattamenti anti-amiloide e anti-tau, particolarmente efficaci nelle prime fasi della malattia.
Ma la PCA non è solo una chiave per sbloccare potenziali terapie; è anche un’opportunità di comprendere meglio i meccanismi sottostanti all’Alzheimer. Il perché questa malattia colpisca specificamente le regioni visive del cervello, anziché quelle legate alla memoria, è un enigma che richiede ulteriori indagini. Un dato intrigante emerso dallo studio è che il 60% dei pazienti affetti da PCA erano donne: questo dato solleva importanti domande sulla predisposizione di genere e sottolinea l’importanza di ulteriori ricerche per comprendere meglio questa disparità.